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tario qui. Però si diffonde nel senso comu-
ne l’espressione “aiutiamoli a casa loro”. Se
avessero ancora una casa…
Solo Svezia, Norvegia e, in parte, Olanda e
Germania hanno attivato procedure d’asilo
anche se le persone erano transitate da un
altro paese. Come sappiamo, il Regolamen-
to di Dublino costringe a chiedere asilo nel
paese d’arrivo e quindi avrebbero potuto ri-
trasferire i rifugiati in Italia, per esempio.
Fortunatamente non l’hanno fatto. Finora,
aggiungo.
Ci sono state anche un paio di sentenze che
hanno stabilito che non si può trasferire in
Italia una persona a causa di questa siste-
matica carenza del sistema di accoglienza
che espone il migrante a trattamenti inu-
mani e degradanti. Sulle navi di “Mare
Nostrum” il Ministero dell’interno ha ora
dislocato una specie di ufficio di polizia, così
la nave carica cento, duecento, trecento ri-
fugiati; insomma, fino a che non fa il pieno,
non torna ad Augusta. Ci sono persone che
sono rimaste anche tre giorni a bordo delle
navi e sottoposte a limitazioni indebite delle
libertà personali, senza alcuna informazione
o assistenza, in un contesto di promiscuità,
con delle lenzuola appese a corde per sepa-
rare donne e uomini. La nave militare ha un
hangar, non ha le cabine, all’interno è simile
ai traghetti. E così i migranti sono costretti a
sistemarsi su questi materassi messi a terra
uno accanto all’altro. Ci sono poi un tavolo
di plastica, due sedie e i poliziotti che fanno
questa cosiddetta pre-identificazione. Una
pratica che ha messo fuori gioco anche le or-
ganizzazioni in convenzione col Ministero,
come l’Oim, l’Acnur, Save the children, ecc.,
che prima garantivano un monitoraggio allo
sbarco. Se li raccogli a mille a mille e poi li
scarichi tutti in una volta, è chiaro che que-
ste organizzazioni, che hanno due operatori
sulla banchina, non sono in grado di svolge-
re il loro lavoro.
Dopodiché, si parte in autobus e si va a Sira-
cusa, a Messina, a Trapani, e tutto passa in
mano ai prefetti. Ora, alcuni prefetti stanno
organizzando le cose bene. A Trapani, per
esempio, mi risulta che la Croce Rossa e va-
rie organizzazioni stiano lavorando bene; in
altre province i prefetti si sono rivelati cata-
strofici. Se i migranti sono ospiti temporanei
che “tanto poi fuggono”, perché preoccuparsi
se stanno male, tanto se ne vanno... Ecco, se
l’ottica è questa, si va al disastro.
Cosa si potrebbe fare?
Innanzitutto, l’Italia dovrebbe dotarsi di
un sistema di prima accoglienza vero, con-
solidato, non da approntare mese per mese;
occorrerebbe anche riequilibrare il rapporto
tra prima e seconda accoglienza: oggi spen-
diamo molto e male per la seconda accoglien-
za e pochissimo per la prima. Al momento,
abbiamo attivi dodicimila posti in seconda
accoglienza, ma ne servirebbero almeno il
doppio già operanti. Il ministero ha fatto un
bando comunicando contestualmente che i
soldi non ci sono. Per la prima accoglienza
gestita dai prefetti, ha detto: “Fate degli im-
pegni di spesa fino al 30 giugno”. In pratica,
nel momento in cui verosimilmente entria-
mo nella fase più acuta degli arrivi, tutto
finisce. Questa è un po’ la situazione.
Sul piano internazionale, si dovrebbe ri-
vedere Dublino, lo chiede anche l’Acnur, e
adottare un piano di distribuzione dei mi-
granti riconosciuti e riconoscibili come rifu-
giati, distinguendoli anche per nazionalità.
Sia l’Unione Europea che l’Italia hanno gli
strumenti normativi necessari. È già stato
fatto durante la guerra della ex Jugoslavia
e in Kosovo, per riconoscere dei permessi
per protezione temporanea, salvo poi il di-
ritto di chiedere asilo. Occorre aprire canali
umanitari di ingresso legale protetto in Eu-
ropa attraverso il rilascio di visti per motivi
umanitari o familiari nei paesi di transito.
Se ci fosse un maggior impegno per infor-
mare chi arriva sui diritti e sui doveri, si
potrebbe anche evitare il dilagare dei mo-
vimenti secondari verso il Nordeuropa, do-
vuto principalmente alla paura: la gente si
brucia i polpastrelli, si fa picchiare, si fa tor-
turare pur di non dare le impronte digitali.
Con una comunicazione diversa e un’aper-
tura su Dublino, sono convinto che le cose
cambierebbero. La Sicilia avrebbe ampia
possibilità di accoglienza; in totale oggi que-
sta regione conta 180.000 immigrati, di cui
140.000 regolari; la sola provincia di Brescia
ne ha 340.000, Milano ne conta 650.000 e la
Lombardia oltre un milione.
C’è poi la situazione dei minori non ac-
compagnati.
Attualmente c’è il problema di una percen-
tuale altissima di minori non accompagnati
che, non appena si trovano in una struttura
di prima accoglienza, scappano. Il minore
non accompagnato ha diritto a fare richie-
sta d’asilo in qualsiasi paese arrivi, cioè non
è soggetto al Regolamento di Dublino. Se
quindi un minore scappa dall’Italia e finisce
in Germania o in Olanda può chiedere asilo
in quei paesi. Ora, mettiamo che il minore
abbia attivato la procedura in Olanda e che
a un certo punto in Italia compaia il genito-
re, quest’ultimo avrà il diritto di ricongiun-
gersi con il figlio in Olanda. Questo, in qual-
che modo, sta producendo un abbassamento
dell’età delle persone che arrivano. Talora
sono le famiglie che investono sul ragazzino
di sedici anni che cerca di raggiungere un
paese aprendo la strada agli altri, però non
è una prassi molto diffusa. Comunque, il
fatto che Dublino non valga per i minori au-
menta enormemente il tasso di fuga. D’altra
parte, se i minori rimangono anche cinque,
sei mesi senza che nemmeno venga comu-
nicata al giudice tutelare la loro presenza
nelle varie strutture...
Talora la fuga avviene
dopo due giorni dall’in-
gresso nella struttura;
in questi casi, non si
può imputare nulla a
chi la gestisce. Ma se
è una struttura pu-
ramente dormitorio o
refettorio, è chiaro che
i ragazzi hanno il te-
lefonino, hanno i loro
amici, qualche contat-
to, così prendono e se
ne vanno. Ripeto, se ci
fosse un’altra situazio-
ne, si potrebbe quan-
tomeno
attenuare
questa ondata di fuga
che, è vero, c’è sempre
stata, ma mai come in
questo periodo; cioè
potevano scapparne il
50%, ma mai si è visto
che ne scappava l’80%.
Ormai, girando per la
Sicilia, si cominciano
a vedere questi ragaz-
zi in giro da soli. La
popolazione, anche in
nel momento in cui verosimilmente
entriamo nella fase più acuta
degli arrivi, tutto finisce