Da Lampedusa al Brennero - page 22

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per legge a lavorare anche per periodi molto
lunghi, necessari a completare la procedura
burocratica per il riconoscimento dello sta-
tus di rifugiato. In quel periodo i richiedenti
asilo che rimanevano sul territorio nazio-
nale erano pochi. I più si spostavano imme-
diatamente nei paesi del Nord Europa. Non
era ancora efficace il sistema di rilevazione
delle impronte digitali comune (Eurodac)
che permette ai paesi dell’Unione europea
di verificare se un richiedente asilo sia già
transitato in un altro paese UE e reinviar-
velo in base al Regolamento Dublino.
Dal 2005, per recepimento di una specifica
direttiva europea, anche l’Italia ha l’obbligo
di garantire assistenza ai richiedenti asilo
privi di mezzi di sussistenza. E dal momen-
to in cui l’accoglienza è diventata un obbligo
per lo Stato e la presenza di richiedenti asilo
si è fatta maggiormente stabile, sono stati
affiancati al modello Sprar sistemi governa-
tivi paralleli di accoglienza, a gestione cen-
tralizzata. Nascono i Cara, le strutture tem-
poranee, i centri polifunzionali, i programmi
emergenziali.
Lo Sprar, come modello di accoglienza basa-
to sulla rete degli Enti Locali, nel frattempo
è stato sì istituzionalizzato e stabilizzato,
ma è rimasto a lungo uno strumento minori-
tario in termini di numeri, almeno fino allo
scorso anno (3000 posti di accoglienza com-
plessivi ripartiti tra circa 150 enti locali su
tutto il territorio nazionale fino al 2013, fi-
nalmente aumentati nel 2014 a oltre 20.000
ripartiti tra 382 enti locali).
Lo Sprar non è certo la panacea di tutti i
problemi, e va detto con chiarezza che, da
sempre, ma soprattutto dopo l’ultima esten-
sione da 3.000 a 20.000 posti, coesistono al
suo interno progetti e modalità di accoglien-
za molto diversi tra loro, pur in presenza di
linee guida sugli standard dei servizi uguali
per tutti e di regole di accoglienza chiare sin
dall’inizio per le persone accolte.
Quel che mi preme qui indicare sono le ca-
ratteristiche che, a mio parere, rendono in-
teressante il progetto Sprar del Comune di
Modena.
Il progetto è inserito e integrato all’interno
delle più articolate attività del Centro Stra-
nieri, struttura pubblica - unità operativa
L’esperienza del Comune di Modena nel rac-
conto di Fausto Stocco, che dal 2005 è inca-
ricato di curare l'accoglienza di profughi e
richiedenti protezione internazionale.
Ho lavorato in questi anni con dei funziona-
ri pubblici seri e preparati, ma soprattutto
attenti alle questioni e consapevoli del ruolo
importante che può assumere, nel concreto,
l’istituzione pubblica locale nell’occuparsi di
questi temi, per quanto complessi. Mi è sta-
to dimostrato che modalità ed esiti dell’acco-
glienza, sia rispetto ai singoli migranti che
ai luoghi e contesti in cui si inseriscono e a
chi già li abita, dipendono certamente dalle
norme e dai decreti dettati a livello naziona-
le (quasi sempre sulla scorta di emergenze
o comunque del presupposto della “tempo-
raneità” e quindi “estraneità” della loro pre-
senza) ma anche, e molto, dall’agire pratico
degli enti e delle istituzioni locali. Non solo
sul piano delle pressioni che possono eserci-
tare nelle sedi deputate, sia sul piano poli-
tico che tecnico, a livello nazionale e regio-
nale, ma anche nelle scelte operative e nella
definizione molto pratica di procedure, ac-
cordi, convenzioni, prassi sul territorio, con
i diversi interlocutori rilevanti.
Ne ho avuto dimostrazione sia rispetto a
quanto avvenuto sul territorio con l’Emer-
genza Nord Africa (2011-2012), che nella
fase iniziale dell’operazione Mare Nostrum.
Ancora prima con la gestione di un progetto
Sprar nel Comune di Modena.
Parto dallo Sprar, un sistema di accoglien-
za avviato in Italia dal 2001. Alle origini
si trattava di un progetto volontario e pa-
ritario tra enti locali, Ministero dell’Inter-
no, Unhcr (Alto Commissariato Onu per i
rifugiati), basato su un protocollo d’intesa
per la realizzazione di un “Programma na-
zionale di asilo”. è stato il primo sistema
pubblico per l’accoglienza di richiedenti asi-
lo e rifugiati, diffuso sul territorio italiano,
basato sulla condivisione di responsabilità
tra Ministero dell’interno ed enti locali. Un
sistema nato, è bene precisarlo, su picco-
li numeri e in un momento in cui in Italia
nessuna norma imponeva ancora allo Stato
un obbligo di assistenza ai richiedenti asilo
senza mezzi di sussistenza, impossibilitati
specialistica del Comune, cui è attualmente
attribuito il ruolo di facilitatore e di promo-
tore di azioni orientate: alla tutela dei diritti
fondamentali dell’uomo, a favore di cittadi-
ni stranieri presenti sul territorio anche se
non residenti, regolari e irregolari, caratte-
rizzati da situazioni di forte disagio sociale
e sanitario e a forte rischio di esclusione e
marginalità sociale; all’informazione, all’o-
rientamento e alla semplificazione delle
procedure connesse all’accesso ai servizi e
alla richiesta o al rilascio dei documenti di
soggiorno, promuovendo reti territoriali e
protocolli d’intesa con gli enti e le istituzioni
(Questura, Prefettura) coinvolti; alla pro-
mozione dell’integrazione e della conviven-
za sociale nella città.
La gestione del progetto è svolta in modo
integrato con tutte le altre funzioni del Cen-
tro stranieri ed è diretta in capo al Comune.
Questo significa che, pur avvalendosi dello
strumento dell’appalto e non potendo chia-
ramente svolgere direttamente ogni attivi-
tà operativa, il Comune mantiene la piena
titolarità e responsabilità del progetto e
dell’accoglienza nei confronti di ogni singola
persona inserita. Ciascuna persona accolta
firma così il contratto di accoglienza diret-
tamente con il Comune, che ne è referente.
Nel contratto sono esplicitati con chiarezza
e in modo formale i reciproci impegni, le
condizioni e i termini del progetto, modifica-
bili e personalizzabili al bisogno sulla base
di parametri e procedure trasparenti. Per
garantire alle persone accolte, fin dall’in-
gresso, la massima autonomia possibile e
la possibilità di entrare in un contesto di
ordinaria quotidianità nel tessuto cittadi-
no, l’accoglienza viene realizzata attraverso
l’inserimento, in regime di concessione am-
ministrativa, in appartamenti autonomi, di
proprietà o assunti in locazione dal Comune,
diffusi sul territorio. Allo stesso modo vitto,
vestiario, beni di prima necessità vengono
garantiti non attraverso forniture o servizi
di terzi, ma attraverso l’erogazione di un
contributo economico alla persona su base
mensile, in modo da incentivare al massimo
l’autonomizzazione e la ricostruzione di una
normale quotidianità e di legami con il terri-
torio, garantendo parallelamente il rispetto
Il patto d’accoglienza
Domande di protezione internazionale nell’UE
Nel 2014: 626.000
Germania 202.700 (32% del totale)
Svezia 81.200 (13%)
Italia 64.600 (10%)
Francia 62.800 (10%)
Ungheria 42.800 (7%)
Questi cinque paesi hanno registrato insieme più del 70% di tutte le domande di asilo effettuate nei 28 paesi UE.
In confronto con la popolazione del paese membro, il più alto numero di richieste sono state registrate in Svezia (8.4 richiedenti asilo
per 1.000 abitanti), Ungheria (4.3), Austria (3.3), Malta (3.2), Danimarca (2.6) e Germania (2.5).
Delle 626.000 domande di protezione internazionale, la Siria (20%) e l’Afghanistan (7%) sono i paesi di provenienza più rappresentati.
(Fonte: EUROSTAT – newsrelease 53/2015 – 20 March 2015 – “Asylum in the EU”).
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