Da Lampedusa al Brennero - page 16

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degli albanesi. I ghanesi, anglofoni, non era-
no sotto il controllo della gestione pretesca,
perché erano tendenzialmente o protestanti
o animisti, quindi di fatto erano un gruppo
più laico e, conseguentemente, non erano
neanche sotto il controllo islamico. Il con-
trollo dei Murid sui senegalesi comincia più
tardi. Quelli che arrivavano all’inizio erano
ragazzi scolarizzati; io li ho visti passare da
una vita laica a pratiche religiose, ma quin-
dici anni dopo, magari semplicemente per
mantenere il potere di leadership; sono mi-
serie che troviamo in tutto il mondo.
In questi anni si iniziano a fare le pri-
me stime del fenomeno, totalmente fan-
tasiose.
Già nel censimento dell’81 si era fatto un
tentativo, per quanto folle, perché veniva-
no censite le nazionalità, dimenticando che
nel Mezzogiorno c’erano ancora un mucchio
di nazionalità straniere legate all’emigra-
zione. Negli Stati Uniti vige lo
ius soli
, ma
siccome la cittadinanza italiana ti spettava
comunque, per
ius sanguinis
, te la tenevi.
Così al censimento dell’81 si trovavano, nel
Mezzogiorno, Di Gianna Pasquale, di pro-
fessione coltivatore diretto, nazionalità Sta-
ti Uniti. Erano le famiglie tornate nel ’39,
con le ultime navi. In campagna, una nostra
vicina, una contadina, si chiamava Fanny...
Questo era il Mezzogiorno. Quindi c’era que-
sto equivoco dovuto al fatto che molti erano
emigrati o nati fuori.
L’altro dato interessante è che, nelle nuo-
ve nazionalità di immigrazione, c’era una
perfetta distribuzione per genere: 50% fem-
mine, 50% maschi. Con il piccolo particola-
re che le femmine erano tutte di certe na-
zionalità e i maschi tutti di altre! Pure nel
rilevare questa sorta di parità emergeva la
grande ingenuità.
Ad ogni modo, nell’immaginario, negli anni
Ottanta gli immigrati arrivano “alla gran-
de”. In realtà sono poche centinaia di mi-
gliaia, ma i dati che vengono comunicati
sono spaventosi, si parla di milioni.
Alla conferenza nazionale sull’immigrazio-
ne, organizzata da Martelli, si fa una stima
alla buona e si parla di 730.000 persone. Un
numero difficilmente difendibile dal punto
di vista tecnico, ma che dal punto di vista
della nasometria, andava benissimo, cioè se
tu chiedevi a un prete che ne sapeva e ne ca-
piva o a qualche demografo che studiava la
sua regione, quello ti sapeva dire che in To-
scana erano 50.000 e allora, se erano 50.000
in Toscana, potevi realisticamente supporre
che la cifra reale fosse vicina a quei sette-
centomila.
Segue una grande ricerca del Cisp (Comita-
to italiano per lo studio dei problemi della
popolazione), diretto da una bravissima de-
mografa, Nora Federici. Intorno a lei si con-
sorziarono credo quattordici o quindici uni-
versità, tutte impegnate in questa ricerca
che dà una prima lettura, soprattutto demo-
grafica. Intanto si delineano meglio le aree
di impiego: agricoltura ed edilizia, lavoro di
commercio ambulante e, per le donne, la-
voro servile, come domestiche, con tutte le
tragedie... All’epoca c’era un problema grave
che ora non c’è più. Il cosiddetto “sexual ha-
rassment”, cioè le molestie da parte dei da-
tori di lavoro, che era diffuso. Nei centri di
ascolto si parlava molto di queste cose, ora,
con la maturazione dell’immigrazione e, so-
prattutto, con l’arrivo delle donne dall’Est,
questo fenomeno è venuto meno.
Nell’89 crolla il Muro.
I processi sociali sono vischiosi, lenti, però
gli albanesi sono partiti subito e il loro arri-
vo ha modificato il quadro, nel senso che gli
albanesi entrano in tutti i mestieri e arriva-
no con le famiglie.
Negli anni Novanta, si cominciano a con-
tare gli immigrati un po’ meno fantasiosa-
mente. La fonte è soprattutto quella della
polizia, perché le anagrafi ancora non sono
adeguate. Allora, studiando i permessi di
soggiorno, anche se erano esclusi i minori,
si comincia ad avere un’idea del fenomeno,
che però man mano che lo conosci cambia,
perché arrivano altre nazionalità. I maroc-
chini, che sono stati la principale comunità
fino a metà degli anni Novanta, verso la fine
di quegli anni vengono superati dai rumeni.
Quella dei rumeni è una sorta di esplosione
che era stata preceduta da un’altra, quella
appunto degli albanesi.
Quindi l’asse si sposta verso est, anche se
continuano a venire un po’ tutti: aumentano
i tunisini, aumentano i filippini, si sposta il
peso delle varie comunità. Cominciano i pri-
mi tentativi di delineare le caratteristiche
associate alle varie componenti dell’emigra-
zione. Per esempio, all’epoca, se tu eri cat-
tolico, automaticamente facevi la cameriera
ed eri donna. Se eri islamico, in Campania
facevi il venditore ambulante o il lavoratore
autonomo. Piano piano, al Nord, gli immi-
grati cominciano a entrare nei servizi e ti-
midamente in fabbrica, dove diventeranno
importantissimi.
Intanto proseguono le sanatorie.
Nel 1997 c’è l’episodio dell’affondamen-
to della Kate i Rades.
Il 1997 è l’anno prima che uscisse la Leg-
ge 40 del 6 marzo ’98, nota come Legge
Turco-Napolitano. C’era il governo Prodi e
già si iniziava a dire: “Non possiamo acco-
glierli tutti, perché sennò vince la destra”.
Quell’anno ci sono due episodi terribili, la
nave abbattuta e poi l’immigrato bruciato
dal padrone vicino a Varese.
Intanto continuano ad arrivare i barconi.
Quelli celebri di Brindisi e poi di Bari era-
no avvenuti con la Boniver e Scotti, il qua-
le prima aveva garantito che non avrebbe
deportato i disperati dello stadio e invece
poi li aveva rispediti a casa (anche se molti
se l’erano squagliata). Comunque, qualche
anno dopo, a un certo punto, parte questa
carretta del mare. Napolitano è all’Interno
e Livia Turco alla Solidarietà sociale, quindi
sembrano esserci le premesse affinché di im-
migrati ci si potesse occupare e anche bene.
E invece un nave militare sperona la car-
retta albanese provocando la morte di oltre
duecento persone, tra cui donne e bambini.
gli escamotage hanno permesso all’Italia
di gestire in maniera semi-civile alcuni
aspetti della politica migratoria
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