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Libertà e malinconia
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parole e musica Paola Sabbatani arrangiamenti Daniele Santimone
libretto + cd. Edizioni Una città, 2021 - 32 pagine
I Libri di Una Città
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Giovanni Tassani
Su tempi appena trascorsi
Esperienze, connessioni, dettagliEd. una città, 2023
358 pagine
18,00
Scritti di Giovanni Tassani, 1998-2023
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I Libri di Una Città
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Chiara Frugoni
Cosa intendi dire?
Intervista a Chiara Frugoni, 1994-2015Ed. una città, 2023
135 pagine
12,00
Interviste a Chiara Frugoni
a cura di Gianni Saporetti
con prefazione di Gianni Sofri (con Federica Rossi)
I Libri di Una Città
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Flavio Casetti, Gianni Sapretti, Lorenzo Cottignoli
L'epopea degli scarriolanti
Intervista a Lorenzo CottignoliEd. Una città, 2022
56 pagine
5,00
"L'epopea degli scarriolanti", intervista a Lorenzo Cottignoli a cura di Flavio Casetti e Gianni Saporetti, pubblicata in due puntate su Una città n. 246 (febbraio 2018) e n. 247 (marzo 2018)
prefazione di Roberto Balzani
I Libri di Una Città
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Gaetano Salvemini, Nicola Chiaromonte
In difesa della cultura
Scritti in occasione del Congresso internazionale degli scrittori per la difesa della culturaEd. Una città, 2022
66 pagine
5,00
scritti di Gaetano Salvemini e Nicola Chiaromonte
I nostri libri
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dicembre 2024 - gennaio 2025
In copertina: Auschwitz
Foto di Massimo Assirelli
L’hanno votato proprio loro...
Sulla fine dell’era Biden e l’arrivo di Trump
di Michael Walzer
Ce la faremo, insieme
Voci da Israele
intervista a Elisheva Baumgarten
Quel che succede nei territori palestinesi. In un mese
Rapporto sulle demolizioni di dicembre 2024
I dilemmi dell’ebraismo al tempo di Gaza
intervento di David Calef
Meditazioni sullo sterminio e sul Giorno della Memoria
di Michele Battini
“Tra gli isolani era un barbone...”
di Alberto Cavaglion
La curiosità!
Sulla geografia, materia multidisciplinare
intervista a Michael Hill
Olympe de Gouges
Una precursora del femminismo
di Franca Zanelli Quarantini
Il contagio della risata
Sul perché, non solo noi, ridiamo
intervista a Elisabetta Palagi e Fausto Caruana
Plausibilità, probabilità e certezze assolute
intervista a Carlo Rovelli
Giacomo Debenedetti e il romanzo del Novecento
di Alfonso Berardinelli
Una catastrofe globale
di Matteo Lo Presti
Un pasticcio
di Vicky Franzinetti
I cigni morti
di Belona Greenwood
La visita
è alla tomba di Walter Benjamin
Il reprint. “Il liberismo nell’Internazionale”
Una lettera di Camillo Berneri a Piero Gobetti
Proprietà: Fondazione Alfred Lewin Ets. Editore: edit91 società cooperativa.
Hanno collaborato: David Calef, Jeff Halper, Manuela Consonni.
Questo numero è stato chiuso il 29 gennaio 2025.
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foto: Icahd
La copertina è dedicata alla giornata della memoria e tante pagine della rivista alla situazione in Israele e nei territori palestinesi e ai riflessi che tutto questo ha sul mondo ebraico. Speriamo che la giornata sia andata, tutto sommato, bene. Nel saggio “Meditazioni sullo sterminio e sul Giorno della Memoria”, Michele Battini ripercorre le tappe storiche dell’antisemitismo italiano culminato nelle leggi razziali del ’38; riportiamo la conclusione: Il punto cruciale è infine questo: la memoria della Shoah non può essere patrimonio esclusivo di uno Stato o di uno schieramento. Dopo la catastrofe del 1939-’45, fu inevitabile riconoscere che gli ebrei nel mondo e nello Stato di Israele fossero in credito nei confronti dell’umanità, per quanto avevano sofferto -la persecuzione dei diritti e delle vite approdata a un irreparabile genocidio. Sul piano storico come su quello etico, tuttavia, la responsabilità e la memoria della Shoah concernono tutti, non escluse le vittime del genocidio. Primo Levi lo seppe e lo sostenne, e fu tale consapevolezza a mutarsi in lui, con gli anni, in un’ossessione disperante dell’impensabile, quella che oggi consuma anche noi”. E così conclude il suo intervento “I dilemmi dell’ebraismo al tempo di Gaza” David Calef: Alla luce della bestiale aggressione di Hamas del 7 ottobre e dei massacri nei 15 mesi successivi, è necessario chiedersi se la sfida principale del mondo ebraico nel XXI secolo non sia proprio quella di rivedere gli stereotipi identitari di vittima eterna che alimentano l’estremismo nazionalista. A mettere a repentaglio Israele e la diaspora che lo segue docilmente non è più la loro vulnerabilità quanto proprio il contrario: la forza e la potenza militare utilizzate non solo come legittima autodifesa ma come strumento di dominio su un altro popolo.
Gaza, quindi. Le immagini di decine di migliaia di profughi che ritornano a casa, cioè a un deserto di macerie, resteranno nella storia. E vien da chiedersi: ma era questo il modo per distruggere Hamas? O si voleva colpire nel modo più crudele il popolo palestinese? E con che scopo?
La parola genocidio sta suscitando polemiche a non finire e certamente se usiamo come metro di paragone la Shoah, ogni comparazione diventa assurda e aberrante. Lì l’umanità ha toccato un fondo che probabilmente non sarà mai più raggiunto. Ma nella storia ci sono stati altri genocidi, il più importante dei quali è quello degli armeni perpetrato dai turchi. Sono quelli cioè che hanno come scopo l’espulsione di una popolazione da un territorio: si cacciano le persone dalle case, si compiono massacri di massa che non risparmiano né donne né bambini né anziani, si semina così il terrore per far fuggire altrove il resto di quella popolazione. Ai tempi dei Balcani il tentativo fu dei serbi contro i bosniaci prima e i kossovari poi. Lì fu coniata la definizione di “pulizia etnica”. Allora, è a questo che sta pensando la destra israeliana, quella che da sempre sogna “la grande Israele”? D’altra parte se avesse voluto solo distruggere Hamas, come dichiarato, perché, forte dell’orrendo crimine subito, non tentare di creare un solco fra questa e i palestinesi, usando solo “mezzi chirurgici” e contemporaneamente fornendo un aiuto umanitario a una popolazione costretta comunque a gravi sacrifici e a inevitabili lutti? Clinton ottenne la resa della “grande Serbia” e della sua forte armata, addestrata da sempre ai “due fronti”, cioè alla guerriglia, facendo solo poche centinaia di morti. Perché fare una tabula rasa che non può che allontanare, e per chi sa quanto, ogni possibilità di una pacificazione e quindi di uno stato palestinese? Se allora mettiamo insieme la progressione inesorabile della colonizzazione della Cisgiordania, la cui documentazione, mandataci da Jeff Halper, pubblichiamo in questo numero, i settantamila morti e la distruzione sistematica delle case di Gaza e, ora, le parole di Trump, il sospetto che di un progetto genocidiario si tratti, non può non venire.
Infine l’amico Cavaglion ci ricorda, con un bel racconto di Nello Rosselli, che il contraddittorio è non solo un diritto, ma è sempre utile. Quel che sta succedendo nelle università, dove chi vuole difendere Israele non ha diritto di parola, segue purtroppo una tradizione che viene dagli anni Settanta. Chi allora militò nell’estrema sinistra non può non ricordare che “non lasciavamo parlare”. Ultimamente ci ha fatto piacere scoprire che Vincenzo Bugliani, uno dei più autorevoli compagni di quei tempi, che ora purtroppo non c’è più, ebbe a dire che “eravamo stati degli squadristi”. Purtroppo questa è una delle poche cose che da allora s’è tramandata di generazione in generazione, insieme a quella, di “svoltare”, durante un corteo, per andare a cercare il taumaturgico scontro con la polizia. Vogliamo allora essere chiari, anche se Alberto Cavaglion ci criticherà per l’abuso, che denuncia, della parola “fascista”: non far parlare qualcuno è fascismo. Sono loro, chi parla, a finire in carcere o a essere uccisi in Russia, in Cina, in Iran. Fu Matteotti a parlare.
Poi la speranza non muore mai. Elisheva Baumgarten, israeliana impegnata nel dialogo e nell’incontro fra ebrei e arabi e nella lotta contro dei “governanti fascisti”, conclude la sua intervista dicendo: Io continuo a credere nel popolo israeliano. Non penso ci siano altri luoghi in cui la gente manifesti settimana dopo settimana, mese dopo mese, per così tanto tempo, senza arrendersi. Siamo testardi e se nei miei giorni difficili penso che sia tutto perduto, in quelli buoni penso che ce la faremo. I miei genitori vengono alla manifestazione ogni sabato sera, ho una sorella che va a tutte le manifestazioni. I miei figli grandi pure. La piccola è ancora nell’esercito quindi non manifesta ma è una vera pacifista...
Intervista a Elisheva Baumgarten
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La porta dello studio di Elisheva. La scritta nella spilla recita: “Ce la faremo, insieme” in arabo ed ebraico.
La nascita a New York in una famiglia religiosa, il trasferimento in Canada, e a 15 anni in Israele, dove finalmente si è uguale agli altri ragazzini; la passione per la storia e per la tradizione ebraica e al contempo l’impegno per un convivenza attraverso tanti progetti per i giovani palestinesi e con le donne; l’orrore per il 7 ottobre, ma anche per la guerra che ne è seguita, la speranza che un giorno si ritornerà a vivere assieme, in pace. Intervista a Elisheva Baumgarten.
Lo scorso 19 gennaio, presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, si è tenuto l'incontro dal titolo “Verso il Giorno della Memoria. Ricordare al tempo di Gaza” organizzato da Mai indifferenti-voci ebraiche per la pace (www.maiindifferenti.it), una rete che in occasione del 27 gennaio 2024, dopo pochi mesi dal 7 ottobre e dal successivo attacco a Gaza, scrisse un appello critico verso le scelte del governo israeliano. Pubblichiamo qui l'intervento di David Calef, “I dilemmi dell’ebraismo nel XXI secolo”.
Leggi di piùPartiamo dalla domanda sempre fondamentale. Come si spiega l’insorgenza dell’antisemitismo di Stato proprio nel 1938, in quel momento della già non breve storia del regime fascista? La decisione persecutoria venne prima adombrata (con una negazione che l’affermava) nell&rsqu
Leggi di piùMolto si parla in Italia di fascismo. Di continuità e discontinuità gli storici avevano iniziato a discutere subito dopo il 25 aprile, la letteratura in materia è vasta. Triste constatare che da così tante riflessioni poco sia rimasto nella vita corrente, nelle università...
Leggi di piùQuel che succede nei territori palestinesi. In un mese
dati delle demolizioni ai danni dei palestinesi nel mese di dicembre 2024, forniti da United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs, Negev Coexistence Forum for Civil Equality, B’Tselem, e segnalateci da Jeff Halper dell'Israeli Committee Against House Demolitions
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Di Stephen Eric Bronner
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foto di Gilbert Mercier
Com’è potuto succedere? L’ex presidente Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali del 2024 ottenendo il 51% dei voti popolari contro il 48% della vice-presidente Kamala Harris, con un totale di 322 grandi elettori contro 223. I suoi repubblicani -perché sono effettivamente suoi- hanno anche conquistato il Senato, con 52 seggi a 48, e la Camera dei rappresentanti. Per quanto riguarda la Corte suprema, quella è già controllata dai conservatori, inclusi tre giudici nominati direttamente da Trump. La situazione che ne scaturisce non favorirà certo l’esercizio del sistema di pesi e contrappesi. La separazione dei poteri, negli Stati Uniti, è appesa a un filo, e forse lo è anche la democrazia americana.
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Intervista a Yigal Bronner
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nella foto, fornita dall'intervistato: a sinistra, una militante pacifista riprende
due coloni armati che provocano i pastori palestinesi di Zanuta (agosto 2024)
Una situazione, quella della Cisgiordania, sempre più grave, già da prima del 7 ottobre, con una colonizzazione sempre più aggressiva, votata a una vera e propria pulizia etnica; dopo il 7 ottobre, con la perdita del reddito, la popolazione non ha di che mangiare e i coloni, armatissimi e sostenuti dall’esercito, hanno avuto via libera; il volto di Israele è sempre più il loro; l’illusione dei due stati, ormai impossibili; l’impegno possibile. Intervista a Yigal Bronner.
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IL NUMERO 300
Un'ipotesi
di resistenza
di Wlodek Goldkorn
In un mondo in dissoluzione, che senso hanno le parole, le immagini, i discorsi? Quanto segue non è una visione apocalittica dell’Universo ma un tentativo di raccontare alcuni tratti di questo periodo, iniziato grosso modo con la globalizzazione, e di proporre un’ipotesi di resistenza. E quindi di raccontare e argomentare la necessità e il valore di una rivista come “una città”. No, non siamo alla fine del mondo, ma “solo” alla fine di un mondo, viviamo in un’epoca in cui non scompare il “vecchio” universo, ma dove invece il mondo che abbiamo conosciuto sta radicalmente cambiando. E così abbiamo difficoltà perfino a comprendere o stabilire i nessi fra causa e effetto. Un po’ è questione delle tecnologie e degli strumenti che usiamo nella vita di tutti i giorni: chiunque abbia conseguito l’esame di guida per la patente guida sa come funziona il motore a scoppio, ma quanti di noi sono in grado di comprendere il funzionamento di un algoritmo?
Leggi di più
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IN MEMORIA DEGLI AMICI
CHE NON CI SONO PIU'
Ricordiamo Grazia Cherchi, Andrea Canevaro, Roberto Ambrogetti, Alex Langer, Gino Bianco, Lisa Foa, Carla Melazzini, padre Camillo De Piaz, Anna Segre, Pierre Vidal-Naquet, Vittorio Foa, Pino Ferraris, Miriam Rosenthal, Michele Ranchetti, Piergiorgio Bellocchio, Irfanka Pasagic, Clemente Manenti, Clotilde Pontecorvo, Anna Bravo, Francesco Papafava, Michele Pulici, Chiara Frugoni, Franco Travaglini, Gabriele Giunchi, Bruno Giorgini, Silvia Sabbatani, Fiamma Bianchi Bandinelli, Michele Colafato, Lissi Lewin, Salvatore Biasco, Giovanna Dolcetti, Sabrina Nicolucci, Kharin Mahn, Giorgio Bacchin, Iole Pesci.
La redazione e una citazione di Cases
La citazione che in tutti questi anni ci ha fatto più piacere (e anche ridere) è quella di Cesare Cases.
Nelle foto. In alto a sinistra, da sinistra a destra: Fausto Fabbri, Franco Melandri, Rosanna Ambrogetti, Carlo De Maria, Barbara Bertoncin, Gianni Saporetti, Silvana Massetti, Michele Pulici, Massimo Tesei.
In basso a sinistra, da sinistra a destra, si riconoscono: Gino Bianco, Wlodek Goldkorn, la moglie Lucia, Francesco Ciafaloni, Cristina Bertola, Sergio Gattai, Patrizia Failli, Gioia Salmon, Giovanni Cardinali, Sonia Villone.
Qui sopra da sinistra a destra: Paola Sabbatani, Rosanna Ambrogetti, Patrizia Betti, Barbara Bertoncin, Massimo Tesei, Gianni Saporetti. Foto di Fausto Fabbri.
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PARENTS CIRCLE
Parents Circle è un’associazione “miracolosa” di israeliani e palestinesi, colpiti da un lutto per mano degli altri, che lavorano insieme per promuovere la concordia tra i due popoli. Pubblichiamo la trascrizione degli interventi pubblici di Arab e Yigal, che per mano l'uno di un soldato israeliano, l'altro di un attentatore palestinese, hanno perso le sorelle, e poi due interviste, una a Bassam Aramin, padre di Arab, e l'altra a Robi Damelin, che raccontano del loro impegno nei Parents Circle.
Arab e Yigal
Un israeliano e un palestinese diventati amici
di Arab Aramin e Yigal Elhanan
-Quel film in carcere
Un palestinese, dopo aver perso la figlia...
intervista a Bassam Aramin
-Quando mio figlio...
Un’israeliana, dopo aver perso il figlio...
intervista a Robi Damelin
video degli interventi di Arab e Ygal (in inglese)
di Gary Brenner
Cari Michael e Judy*, cara Barbara, ho cominciato a scrivere questa lettera domenica sera, a cento giorni dal 7 ottobre. Solo oggi sono riuscito a completare il mio scritto. Le notizie e il ciclo dei commenti continui su questa guerra sono così tumultuosi che è una sfida comunicarvi [...]
Leggi di piùdi Luigi Manconi
1. La Cosa Russa e la Cosa Americana A quasi due anni dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, mi rendo conto che il mio personale bilancio di ciò che ho compreso e di ciò che non ho compreso è particolarmente tormentato e contraddittorio: una serie di con
Leggi di più-
Fra pochi numeri saremo a trecento. Non sapevamo cosa fare e ci siamo messi a fare interviste. Ne abbiamo fatte circa tremila.
Ci siamo sempre professati militanti. E se ci chiedevano:
“Di che?”, rispondevamo di non saperlo. Un caro amico ci disse: “Beh, militanti della domanda”. Sì, quella c’è e rimane: l’intervista che comporta ascolto, dialogo, curiosità per i problemi della gente e per le vite… “Il due e i molti”, insomma.
Un altro amico, che purtroppo non c’è più, ci disse: “Sì, ma le risposte?”. Alcune le abbiamo trovate. Che tuttora, in tutto il mondo, la lotta è fra democrazia e fascismo e che occorre un nuovo internazionalismo, quello democratico; che l’ideale socialista può realizzarsi, in diritti e doveri per tutti e in scelte di vita personali e collettive, solo in democrazia (per un secolo s’è pensato all’incontrario e il risultato s’è visto); che la memoria
del passato e di chi non c’è più, aiuta a capire, e a vivere. Su queste tre cose vorremmo impegnarci di più.
Nel tempo sono arrivati dei giovani che ormai non lo sono più. Ora aspettiamo la terza generazione. Non abbiamo aiuti dallo Stato né sponsor e non li cerchiamo; siamo sempre stati indipendenti e continueremo a esserlo. I soci, loro sì, hanno sempre dato, ma gli abbonati alla carta calano, come ovunque del resto.
Cercheremo di andare avanti.
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I NOSTRI SOLDATI, I LORO CIVILI
intervista a Michael Walzer
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Libri su Israele e Palestina di Una città
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In questo momento tragico, per chi volesse approfondire la storia del rapporto fra ebrei e palestinesi suggeriamo i nostri libri:
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Perché sosteniamo l'Ucraina?
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foto di State Emergency Service of Ukraine
La concezione dei “realisti”, secondo cui si dovrebbe dividere il mondo in zone di influenza; l’errore tragico delle repubbliche democratiche europee che nel 1936, non aiutarono la Repubblica spagnola; il prezzo “realista” di Yalta, con mezza Europa costretta a subire il dominio sovietico; il dovere, in nome di un nuovo internazionalismo, quello democratico, di aiutare una democrazia in pericolo.
Di Michael Walzer.
Leggi di più
Forlì,
20 settembre 2023
dalla cartolina dell'iniziativa del 20 settembre 2023
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Questo numero è "aperto" a tutti.
I NUOVI FASCISMI
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Partiti unici o dominanti, uso sistematico di coercizione e violenza, controllo totalitario dei cittadini, culto della personalità del capo, controllo statale di un’economia capitalistica e poi odio per i valori liberali incarnati dalle democrazie, oscurantismo religioso, repressione delle minoranze etniche e Lgbt. Cosa ci vuole per definirli regimi fascisti? Pubblichiamo gli interventi sul tema al 900fest di Antonella Salomoni, sulla Russia, di Jean-Philippe Béja, sulla Cina.
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BARAYE
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Alcuni minorenni uccisi durante le manifestazioni in Iran (Amnesty International)
Una rivolta scoppiata all’indomani della morte di una giovane donna curda, che dura ormai da diversi mesi e che, a differenza del passato, sta coinvolgendo grandi città e piccoli paesi, ricchi e poveri, giovani e vecchi, di etnia persiana, curda, belucia, turca, turcomanna, guidata dalle donne per i diritti di tutti, che continua malgrado la feroce repressione; Il ruolo dei social e i primi segni di cedimento di un regime corrotto irriformabile. Intervista ad Ahmad Rafat. Leggi di più
l'altra tradizione
Scelgo l'Occidente
"Nel corso dell’ultima guerra non ho scelto, dapprima perché ero un socialista rivoluzionario trotzkista, in seguito perché mi stavo trasformando, in particolar modo dopo la bomba atomica, in un pacifista. Ma ora nessuna di quelle due posizioni mi appare valida"
Per il "reprint" del n. 283, un testo di Dwight Macdonald.
Marca, terra di confine
"Volevo parlare dell’Ucraina. Per molti l’Ucraina -trentacinque milioni di uomini- non esiste neanche!"
Per il "reprint", una lettera di Andrea Caffi a Prezzolini presumibilmente nel 1915.
Ucraina, l'invasione e il futuro
Le bombe cadono su Kharkiv e su Kiev in ciò che è diventato il più grande e sanguinoso conflitto che l’Europa abbia sperimentato sin dalla Seconda guerra mondiale. Sono circa duemila gli ucraini uccisi o feriti, un po’ meno i russi, e presto saranno centinaia di migliaia quelli che diventeranno rifugiati. Il Presidente Vladimir Putin ha circondato l’Ucraina con 190.000 truppe, un primo passo per ricreare la posizione russa di superpotenza e la vecchia sfera di influenza sovietica.
Intervento di Stephen Eric Bronner (1 marzo)
Bandiere
Cari amici,
vi mando poche righe che ho scritto ieri, anche se dopo questo fine settimana mi direte che colleziono manifestazioni. Sarà per nostalgia.
La terza a cui sono andato con Silvia, ieri, è stata quella degli ucraini di Roma a Piazza della Repubblica, che si è poi trasformata in corteo fino ai Fori.
Lettera di Umberto Cini
Mi scopro sempre più europeista
Se scoppia una guerra vera, l’Occidente potrà fornire sostegno morale, politico e diplomatico agli ucraini, e ovviamente rifornimenti militari; ma non potrà impegnarsi direttamente militarmente contro una potenza nucleare; l’auspicio che, come avvenne nel 1936 per la Spagna, nasca una brigata internazionale che si unisca all’esercito ucraino... Le rinnovate speranze sull’Europa e la crisi della democrazia americana.
Intervista a Michael Walzer.
L'Ucraina esiste, eccome...
una lettera di Andrea Caffi a Prezzolini del 1915 (conservata nel fondo Caffi della Biblioteca Gino Bianco-Fondazione Lewin) in cui, per smentire un articolo apparso su "La Voce", fa una precisa disamina dei motivi per cui l’Ucraina è una nazione e gli Ucraini un popolo.
(Andrea Caffi, nato in Russia da genitori italiani immigrati, socialista libertario, volontario nella Prima guerra mondiale, nella sua vita ebbe modo di conoscere le carceri zariste e leniniste in Russia e quelle naziste in Francia. Era un grande studioso di storia bizantina e del mondo slavo).
una nuova iniziativa delle edizioni Una città
Libertà e malinconia
parole e musica di Paola Sabbatani - arrangiamenti di Daniele Santimone
libretto + cd. Edizioni Una città, 2021 - 32 pagine
Aspettative e sogni delusi, perché qualcosa, nell’idea, non ha funzionato, eppure il sentire, che resta, di non potersi chiamare fuori. Vite che a volte si incatenano male, senza lasciare vie d’uscita, ma anche la seconda possibilità che c’è e un fidanzato che non scappa quando il peggio arriva.
La ribellione da giovani, i padri ritrovati e il “fare insieme” che dà senso e forza, ma pure stanchezza e desiderio di un “recinto” di pace. Amori impossibili, per età, per sesso e circostanze, tenuti segreti a nascondere la propria vulnerabilità. La lotta contro la sfortuna, così necessaria e spesso anche vittoriosa, ma comunque impari, che lascia nel cuore un fondo di malinconia
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Paola Sabbatani, voce
Roberto Bartoli, contrabbasso
Tiziano Negrello, contrabbasso e percussioni
Daniele Santimone, chitarra sette corde e voce
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In questa foto, in piedi da sinistra: Heinrich Blucher, Hannah Arendt, Dwight Macdonald e la sua seconda moglie Gloria Lanier; seduti: Nicola Chiaromonte, Mary McCarthy e Robert Lowell, 1966
Non potevamo ignorare un avvenimento che aspettavamo da anni e a cui amici come Gino Bianco e Wojciech Karpinski, e ovviamente Miriam Rosenthal Chiaromonte, avevano dedicato l’impegno di una vita: quello di far conoscere in Italia l’opera e la vita di un intellettuale militante come Nicola Chiaromonte, famoso in Polonia e negli Stati Uniti e pressoché sconosciuto in Italia. Il motivo lo conosciamo: in Italia era proibito essere antitotalitari e di sinistra contemporaneamente. L’uscita del Meridiano Mondadori con una raccolta dì saggi sancisce la fine di un boicottaggio vergognoso. Siamo orgogliosi di avere dato una mano a Gino Bianco a Wojciech Karpinski e a Miriam Chiaromonte in questa dedizione, i cui frutti, purtroppo, nessuno di loro ha potuto raccogliere. Nell’inserto ripubblichiamo l’intervento “Una conversazione che non è mai finita”, che Karpinski tenne al convegno dedicato a Chiaromonte organizzato da “Una città” nel lontano 2002. Ricordiamo i partecipanti, da Enzo Golino, che purtroppo non c’è più, a Irena Grudzińska Gross che in fuga dalla Polonia trovò, come tanti altri polacchi, rifugio in via Ofanto; a Ugo Berti, il primo a pubblicare per il Mulino testi di Chiaromonte; a Pietro Adamo, Gregory Sumner, Marino Sinibaldi. Ricordiamo la soddisfazione di Gino Bianco per il fatto che, con quel convegno, avevamo scongiurato un tentativo della destra di “impossessarsi” di Chiaromonte. Pubblichiamo inoltre la seconda puntata degli “appunti sull’antitotalitarismo italiano” di Massimo Teodori.
Appunti sulla politica antitotalitaria in italia - seconda parte - Massimo Teodori
Muska carissima... - Nicola Chiaromonte
Una conversazione che non è finita - Wojciech Karpinski
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